venerdì 20 febbraio 2009

Rodolfo Valentino sulla stampa nazionale

Dodici film, 150 fotografie, musiche dal vivo sono l'omaggio a Rodolfo Valentino che il Museo Nazionale del Cinema di Torino e il Centro Regionale Universitario per il Cinema e l'Audiovisivo dedicano al grande personaggio. La Mole ospiterà la mostra fotografica, le pellicole verranno proiettate al Cinema Massimo mentre a Palazzo Nuovo si terrà il convegno internazionale organizzato dall'Università di Torino dove, con tutta probabilità, una studiosa statunitense ha promesso prove incontrovertibili sulla presunta omosessualità, o meno, di Rudy. Dal 23 febbraio, che bello sarebbe vedere tutto quel materiale nel mio paese....

Copio un articolo con relativa galleria fotografica apparso oggi su Repubblica edizione Torino su Rodolfo Valentino.



Rodolfo Valentino, il mito del muto

Da prototipo di latin lover si trasforma in un'icona omosessuale. Nella versione europea di "L'età di amare" i baci per la Swanson sono più ardenti. Un convegno, una mostra, una retrospettiva per il divo che più di ogni altro seppe affascinare Hollywood e il mondo intero
di Mario Serenellini
Mito del muto, Rodolfo Valentino è, in anni di cinema non ancora virtuale, il prodotto di una metamorfosi in pellicola. Bassetto, viene dotato di tacchetti da premier tricolore, trampoli già allora bananieri per svettare sui comprimari. Di sessualità dubbia o tentennante - già sanremese - diventa prototipo top di latin lover, marchio di fierezza del Mediterraneo più virile, perturbatore d´alcove transoceaniche (trans?), salvo poi venir recuperato nei postumi défilés d´icone come santino della postpromozione gay (in una passata edizione di «Da Sodoma a Hollywood»).

Pugliese verace, provincialotto del look, il semi-rude Rudy è assurto a maliardo della letteratura più romantica e della cosmogonia più esotica: francesino passionale in La signora delle camelie (1921), gaucho e tanguero mozzafiato in I quattro cavalieri dell´Apocalisse (1921), languidone d´Oriente in Il figlio dello sceicco (1926), toreador-conquistador in Sangue e arena (1922), enfatica «Rudymachìa» già predisposta alla parodia di Totò in Fifa e arena che nel ‘ 48 dribbla il remake di sette anni prima di Tyrone Power.

L´anno di Sangue e arena è anche la stagione del film-fantasma di Valentino, Beyond the Rocks, recuperato dal Neederlands Filmmuseum nel 2002, restaurato e celebrato nel 2005 a Cannes e alle Giornate del Muto di Pordenone. Il protagonista, obbligato a una sequenza eroica che lo vede gettarsi in acqua per salvare la bella sul punto di annegare, stavolta ha accanto a sé un altro mito muto, Gloria Swanson, la diva allora più pagata di Hollywood, con cachet dieci volte superiori a quelli di Valentino, star ancora rampante. Nell´autobiografia, l´attrice ricorda le professionali fatiche del partner che, per rispettare la censura Usa, si costringeva a contenere la durata e l´impeto dei suoi baci «entro i dieci piedi di pellicola». Per il pubblico europeo quel limite non valeva: «Così - ricorda la Swanson - la sequenza di ogni bacio fu girata due volte, una per la versione statunitense, l´altra per l´europea». La copia ora in circolazione (proiettata al Massimo sabato 28 alle 20.30) è la versione europea, con i baci di taglia «extended». Con immaginabile conforto dei neo-fans, ancora rigogliosi anche se meno ossessivi di quanto lo furono i contemporanei, pronti, all´indomani della morte (il 23 agosto 1926, a soli 31 anni), a ogni genere di delirio: dai favolosi suicidi delle ammiratrici alle processioni delle donne in nero nel cimitero di Los Angeles dov´è sepolto, dalle vendite milionarie all´asta d´ogni sua reliquia fino ai tentativi di «contatti» al tavolino con l´aldilà.


Danzerino, cantante, attore, appassionato d´arte, Rudy era, purtroppo, anche uno che scriveva. Pubblicò (e vendette: mezzo milione di copie nel 1923) una raccolta di poesie in inglese, Day dreams, che sosteneva di avere stilato con scrittura automatica durante sedute spiritiche, sotto dettatura di grandi del passato. Non sono però questi medium-poems - non spregevoli ma sfavoriti in Italia da una piatta traduzione nell´edizione del 2005 - a compromettere l´aurea fama di Valentino, che, in Money, prende di petto il denaro, «Arlecchino nel grande carnevale della vita./Il segno del dollaro è la tua maschera». Più rischiose, se mai, le forme di devozione che, nella terra-santuario di Padre Pio, minacciano l´«altra» star pugliese, come l´ex convento di Clarisse trasformato in museo dal comune di Castellaneta, paese di allevatori che all´efebo nativo ha dedicato bar, camicerie, villaggi turistici e persino un monumento, tanto imbarazzante da ritagliarsi un angoletto di gloria non richiesta in Mondo cane di Gualtiero Jacopetti, Paolo Cavara, Franco Prosperi, documentario trash del ‘61 sulle schifezze del pianeta. Nulla, invece, nemmeno la più pallida reliquia, rimane a ricordo della visita trionfale del 1923, quando, ormai mito hollywoodiano, Valentino, in un assolato pomeriggio di fine settembre, entra nel paese natale sulla sua Bugatti blu e, come ricorda nel Diario, tutti i ragazzini, cui l´auto deve sembrare «un drago sbuffante che scivola magicamente lungo la strada», si aggrappano «al paraurti o a qualunque altra sporgenza per scroccare un passaggio».
(20 febbraio 2009)

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